Il film –dicono gli esegeti, che non sono contestabili- è una estensione del finto trailer in apertura di Grindhouse –Planet Terror . In realtà la figura di Machete appare anche in Desperado e in El Mariachi (1992). Insomma il personaggio dell’ex agente federale messicano Machete comincia ad avere una sua filmografia: tutta materia appetitosa per studenti in cerca di argomenti di laurea  a scienza della comunicazione. Rodriguez è regista furbo e smaliziato. Sotto l’ala protettiva di Tarantino, snocciola una filmografia che passa da prodotti per ragazzi al limite dello sdolcinato a storiacce che devono abbassarsi al più basso citazionismo. Così questo Machete, il film, precipita da subito nel gorgo della truculenza e della scannamento. Il mondo di Machete, il personaggio, è quello delle terre di confine tra Messico e Stati Uniti: zona lunga 3200 Km. Dove succede di tutti e le regole sono morte da tempo. Ci sono: un boss della droga, un senatore che odia gli ispanici, i suo braccio destro che cerca di eliminarlo, la responsabile della Rete che cerca di difendere i clandestini, una poliziotta federale decisa a tutto. Nelle strade polverose e sporche gli opposti combattono aspramente: bene e male, bugia e verità, dolore e felicità; brutto e bello. La morte facile e l’amore impovviso: Danny Trejo e Jessica Alba/Michelle Rodriguez. Il gioco comincia bene ma alla lunga stanca. In c.s. Rodriguez parla anche di temi sociali, e forse vorrebbe eccitare gli animi con un ritmo esagitato e survoltato. Ben presto l’ironia si appanna, la corda appare troppo tesa. E, sui titoli di coda, Rodriguez cerca di risollevare le sorti dell’umorismo, annunciando i ‘seguiti’. Ma la frase migliore è sempre nel finale. Alla proposta di avere documenti regolari come una persona vera, Machere risponde: Sono già una leggenda, perché devo essere vero ?

Massimo Giraldi