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CUT    versione testuale
di Amir Naderi

Un ragazzo appassionato dei grandi registi del passato tiene un piccolo cineforum e tenta di scrivere una sceneggiatura che rispetti la tradizione più alta della cinematografia mondiale. Ad un certo punto la mafia giapponese lo preleva e gli dice che il fratello è morto lasciando un grosso debito che lui dovrà saldare. Non avendo altro modo di guadagnare sceglierà di farsi dare dei pugni dietro lauto pagamento. 
La storia è comprensibile solo se la si pensa come metafora del cinema contemporaneo che, a detta del regista, sarebbe fatto solo di botte e splatter, mancando così di rispetto ad una tradizione illustre. La metafora del resto è fin troppo scoperta: al conto alla rovescia degli ultimi cento pugni, per esempio, corrispondono i cento migliori film mondiali. Cut rivela un sicuro sforzo di originalità e tuttavia si basa su un’idea sola, ripetuta continuamente per uno sterile autocompiacimento. Inoltre, il discorso sul cinema - il vecchio cinema molto più bello del nuovo - non ha davvero nulla di originale. Resta solo l’autentica fiducia con cui il regista crede nella sua opera.
 
 
Alessandro Cinquegrani
 
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