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Faust   versione testuale
di Aleksandr Sokurov

Aleksandr Sokurov chiude con il Faust  presentato a Venezia la sua tetralogia sulla natura del potere (i precedenti film erano su Hitler, Lenin e Hiroito) e offre al pubblico del lido un’opera raffinata e complessa, piena di ardore immaginifico.
 Il Faust sokuroviano non accetta i limiti dell’uomo comune e va oltre, e la sua febbrile ricerca di onnipotenza si fa immagine ora deformata ora accecante sul grande schermo. Niente di nuovo nella storia dell’uomo che firmò il patto col diavolo cedendo l’anima per la conoscenza assoluta, ma l’interpretazione che il maestro russo ne restituisce con il suo film è avvincente e sorprendente al tempo stesso.
Il ricorso al fish-eye, la ricostruzione meticolosa e intensa del mondo di Faust e Margherita come in un quadro fiammingo, le musiche enfatiche e il passaggio continuo dal punto di vista soggettivo a quello oggettivo  rimandano al vissuto tormentato del protagonista, umanissimo nelle reazioni, diabolicamente tentato nelle ambizioni smisurate, in bilico costante tra bene e male,  e coraggioso oltre ogni senno.
Una pellicola impressionante questa di Sokurov, che ha ottime chanches nella corsa per il Leone d’oro.
 
Tiziana Vox
 
 
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