Non lascia indifferenti la visione di un film come Himizu del regista giapponese Sion Sono. Sumida è un tredicenne non abbiente che si occupa di un noleggio di barche su di un laghetto in periferia abbandonato dalla madre e col padre alcolizzato.
Il film è un otaku, la trasposizione di un manga dark (Himizu di Minoru Furuya del 2001/2002 inedito in Italia). Nel corso dellelaborazione filmica avvennero il terremoto, lo tsunami e il disastro atomico di Fukuschima, il regista decise quindi di innestare la tragica e violenta storia di Sumida nel contesto della follia scatenatasi in seguito al catastrofico evento.
Sumida è corteggiato dalla compagna di classe Keiko, disposta a qualsiasi cosa per lui, ma alle spalle di entrambi cè una famiglia in preda alla pazzia e al disprezzo per i figli avuti, come pure una società disgregata nella quale vagano folli pronti ad uccidere senza motivo. Il padre di Sumida è strangolato dai debiti verso il capo locale della yakuza e un vicino senzatetto che dorme in una tenda sul lago aiuta Sumida a risolvere la greve pendenza economica. Ma Sumida è ormai deluso dalla vita, soffocato dallodio e desideroso di vendetta al punto tale da non riuscire a mostrare amore e gratitudine verso nessuno.
I demoni che sopivano in lui si risvegliano e lo portano ad uccidere il padre e ad aggirarsi per la città come un angelo vendicatore scagliato contro i malvagi, tra i ricorrenti incubi dello tsunami e le macerie nelle quali la sua anima si aggira. Se Sumida fosse lincarnazione del Giappone vedremmo da quanti e quali afflizioni è colpita questa nazione tornata di colpo adolescente, in cerca di speranza nel mezzo di un inferno, con la paura atomica, con le macerie e i morti, con le mafie che strangolano la gente nei debiti. Ma la speranza non muore, il finale è volto allamore e al futuro, nel tentativo di fare ripartire qualcosa di buono dopo tanto orrore.
Simone Agnetti
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