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Alla ricerca del violino perduto   versione testuale
"Poulet aux prunes" di Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud

C’era molta attesa, al Lido, per Poulet aux prunes, il nuovo film di Marjane Satrapi e Vincent ParonnaudGli ultimi otto giorni di vita di un violinista dal cuore spezzato nella Teheran del 1958, interpretato da Mathieu Amalric, sono riassunti dalla Satrapi in una traduzione per lo schermo della sua omonima graphic novelconfezione estetica suggestiva, ma la pellicola non riesce a emozionare davvero lo spettatore facendolo palpitare per la sorte amara dello sfortunato musicista. E così a riassumere l’esito del film provvede una frase sintomatica, pronunciata al protagonista dal suo maestro di violino: “La tecnica è ottima, ma la tecnica non è nulla se non riesce a restituire, insieme alle note, il respiro della vita”. che ricorre parzialmente all’animazione attingendo invece a piene mani da un “realismo magico” molto vicino al cinema di Jean-Pierre Jeunet. Le atmosfere fiabesche di Poulet aux prunes richiamano spesso le allegorie felliniane, ma dietro alla storia individuale di un abbandono volontario causato dall’impossibilità di sostituire il violino fatto a pezzi dalla moglie del musicista, emerge un senso universale di perdita, l’illusione di una donna amata ma mai raggiunta, il dramma di una patria in cui vivere e dalla quale, invece, si è costretti a scappare. L’impianto narrativo di Poulet aux prunes è ammirevole, la dopo il fortunato esordio di Persepolis.
 
Paolo Perrone
 
 
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