Un film danese. C'è una grande festa di famiglia. Tutto è perfetto e sembra andare benissimo. Poi qualcosa si incrina e via via peggiora, fino al disastro finale. Di che film si tratta? Le risposte potrebbero essere molte, ma questa volta si tratta dell'ultimo film di Susanne Bier. E questa volta è una commedia, una vera commedia classica, con tanto di lacrimevole, lunghissimo finale. Un matrimonio tra il figlio di un ricco vedovo, e la figlia di una famiglia qualsiasi segnata dal tumore, forse guarito, della madre, e da altri punti di crisi. La festa si svolge in una grande villa di famiglia sulla costiera amalfitana. Ma, come già detto, tutto esplode, i rapporti deragliano, salvo poi, in linea col tono da commedia, ricomporsi in altro modo. Nel film c'è tutto ciò che deve esserci: l'ironia, gli accenni tragici subito esorcizzati, i colori sgargianti, l'ambientazione suggestiva, i percorsi di formazione all'insegna del recupero dei sentimenti più autentici, l'allusione leggera e velata a temi scottanti di attualità, e infine l'happy end che ti aspetti. Insomma ci sono tutti gli ingredienti per una commedia perfetta, che la regista riesce a confezionare: una commedia perfetta e inutile. Inutile per lo spettatore ma utilissima per la regista, che abbandonando gli eccessi emotivi delle sue precedenti tragedie umane, riesce ad evitare anche gli strappi narrativi che le avevano caratterizzate, trovando i tempi giusti. Insomma, una sorta di allenamento o prova generale che forse darà i suoi frutti migliori più avanti.

 

Alessandro Cinquegrani