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BELLAS MARIPOSAS   versione testuale
di SALVATORE MEREU

 

Belle farfalline, bellas mariposas, così si autodefiniscono le bambine che da adolescenti scoprono la sessualità e il mondo adulto nel racconto del sardo Sergio Atzenida da cui il film è tratto. Un racconto schietto, della vita nella popolosa periferia di Cagliari che giunge diretto allo spettatore per via del costante sguardo in camera della protagonista, Cate, una adolescente che narra la storia di una sua giornata d’estate. Non un giorno qualsiasi ma quello in cui molte cose nel suo quartiere e nella sua numerosa famiglia cambiano. Il pubblico è interpellato dal racconto in prima persona per tutto il film, come se la protagonista giocasse con noi, come quando ci si imbatte in una sconosciuta ragazza “chiacchierina” che a tutti i costi vuole informarci dei suoi fatti personali. Salvatore Mereu dopo un brillante esordio a Venezia alcuni anni fa, passa attraverso il lavoro del cinema per le scuole e torna al Lido con una interessante pellicola nella quale la Sardegna delle affollate spiagge turistiche e delle acque cristalline e quella delle vaste aree archeologiche e pastorali è messa da parte, per mostrarci la vita delle periferie cittadine, paesaggio urbano di decadenza da sempre amato e prediletto dai registi italiani. Certo il campionario di disoccupazione, arte dell’arrangiarsi, mediocrità, provincialismo, bullismo, sessualità e follia presentato in questo film non può non colpire l’immaginario dello spettatore. Mereu fa recitare con estrema naturalezza i ragazzi del quartiere tanto che in alcuni momenti sembra che la cinepresa riprenda lo scorrere reale della vita di queste persone, in particolare nelle scene domestiche. La scelta della narrazione in prima persona ci porta ad essere divertiti da un film in ultima analisi drammatico che, nella sua stramba tragicità, si allontana da tanto abusato realismo e diviene un esemplare racconto grottesco.

 

Simone Agnetti

 

 

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