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LOCKE   versione testuale
di Steven Knight

Locke, scritto e diretto da Steven Knight, è un film sorprendente, ma sorprendente per la sua semplicità. Novanta minuti nell’abitacolo di un’automobile su un’autostrada di notte dove il protagonista parla continuamente al telefono, esattamente per lo stesso tempo della narrazione. Si tratta di un’opera che, date queste premesse, dovrebbe essere – e in effetti è – sperimentale ma non se ne ha mai la percezione. Appare piuttosto un film intenso, potente, senza strappi ma con un crescendo emotivo quasi pudico ma inesorabile. Anche la trama non presenta elementi straordinari o mirabolanti, è soltanto la storia di un uomo comune alle prese con le proprie responsabilità: responsabilità verso la propria famiglia, il proprio lavoro, un proprio errore imperdonabile commesso qualche mese prima. Eppure sembra che una responsabilità annulli l’altra, che il senso del dovere si muova in direzioni opposte, contraddittorie, disegnando un personaggio umanissimo e straordinariamente autentico, attraverso una sceneggiatura praticamente perfetta. E magistrale è l’interpretazione di Tom Hardy, con la macchina da presa in faccia per tutto il film, eppure pienamente credibile nella gestione delle emozioni, proprie e certamente anche dello spettatore.
Alessandro Cinquegrani
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