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CHE STRANO CHIAMARSI FEDERICO!   versione testuale
di Ettore Scola

Non sempre l’interesse e il complesso d’inferiorità verso il passato fa bene al cinema italiano. Il gusto passatista che spesso segna anche il festival veneziano dovrebbe essere soppiantato da una vitalità rivolta al futuro, sia pure un “future reloaded”. Tuttavia questo Che strano chiamarsi Federico! con cui Ettore Scola ricorda l’amico e maestro Fellini non è solo un ricordo rivolto al passato ma un film vero, che mescola filmati d’epoca, ricostruzioni, rievocazioni, scene di fiction ed esibizione delle meccaniche narratologiche. Nata forse come un gioco, un po’ serio e un po’ scherzoso, l’opera prende corpo e bada a creare un personaggio autentico, sfruttando magari quell’aura del grande maestro, circondato da nomi importanti della nostra cultura e del nostro cinema, ma restando innanzitutto un film. Quest’anno il cinema italiano ha mostrato di aver metabolizzato l’ambiguità tra fiction e documentario che è uno dei temi chiave almeno degli ultimi dieci anni, e così alcune delle cose migliori sono venute proprio da questi oggetti narrativi non identificati.
Alessandro Cinquegrani
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