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PEREZ.   versione testuale
di EDOARDO DE ANGELIS

Perez. è un buon film con qualche malaugurato difetto. Il protagonista, un avvocato che, preso atto del proprio fallimento lavorativo e affettivo, finisce nel giro perverso della criminalità, ha uno spessore malinconico, e i personaggi che lo circondano una drammaticità autentica. L’intreccio ha snodi complessi ma chiari e si ha la percezione di quanto gli uomini siano vittime della propria debolezza. La regia cerca spesso con successo di emanciparsi dalla banalità televisiva, alludendo a un grande stile, fatto di immagini piene e di macchine da presa che si muovono scrutando morbose la realtà. Potrebbe essere un ottimo film, ma a rovinarlo resta un annoso problema del cinema italiano: la letterarietà dei dialoghi e soprattutto della sciagurata voce fuori campo. Ecco che Perez, con la fisionomia di Luca Zingaretti, si spende a chiosare con la voce off quanto succede, spiegandoci ovvietà con frasi falsamente suggestive, che anziché dare spessore alla trama ne gelano l’emozione visiva. È cinema, è visione, se il film è buono, come in questo caso, si spiega da sé, perché questa inutile ridondanza? Le ragioni probabilmente sono molte, ma la via di uscita si potrebbe trovare semplicemente in una maggiore fiducia in ciò che si sta facendo. L’immagine di chiusura conferma che il silenzio è d’oro, e uno sguardo vale più di mille parole per trasferire un’emozione.
 
Alessandro Cinquegrani
 
 
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