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di DUANE HOPKINS

Non è una vita facile per chi vive nei sobborghi del regno di Elisabetta II, non è facile soprattutto per chi vi è nato ed è figlio del proletariato, non è facile nei tempi della crisi economica che ha colpito anche l'Inghilterra. Tim vorrebbe finire gli studi e avere una famiglia e un lavoro, ma il suo desiderio di normalità e la sua moralità sono compromessi dal mondo reale, dal bisogno continuo di denaro, dal dover sfuggire dai delinquenti coi quali lavora e dai taglieggiatori che lo cercano. Anche un libero cittadino può diventare un fuorilegge, se le condizioni ambientali e il bisogno di sopravvivenza glielo impongono. Un fratello maggiore con problemi giudiziari, una sorella minorenne da proteggere, una fidanzata incinta, la madre morta da poco, la polizia sempre presente e una grave malattia, non ancora curata, che lo indebolisce, questo è il mondo che pesa sulle spalle del giovane Tim. Il ragazzo si trova costretto a fare piccoli furti a regolare i conti con scaltri ricettatori. Queste le opprimenti atmosfere che il regista inglese Duane Hopkins (classe 1973) porta sullo schermo del Lido nella sezione Orizzonti. La sua opera seconda non convince del tutto il pubblico, il film procede in modo sfilacciato e confuso, tentando la via delle atmosfere del disagio di molto cinema “indi” americano, ma perdendosi nell'intreccio delle linee narrative. Le figure che ruotano attorno a Tim compaiono e scompaiono come fantasmi, in un tentativo, non riuscito, di dare allo spettatore il tono emotivo dell'oppressa e affollata esistenza del ragazzo. Il film si colloca, così, a metà via tra un racconto d'azione e una storia di denuncia sociale, senza adeguarsi a nessuno dei due stili e non trovando un punto di mezzo soddisfacente.

Simone Agnetti
 
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