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BELLUSCONE, UNA STORIA SICILIANA    versione testuale
di FRANCO MARESCO

Ma la mafia esiste? Secondo l’opinione di alcuni abitanti di Brancaccio no e, comunque, se esistesse è meglio dello Stato. Così il sacrificio di tanti martiri della giustizia sembra essere acqua passata. La presenza della delinquenza organizzata nella vita quotidiana della gente comune in alcune città italiane è così pressante da essere totalizzante. Non solo l’appoggio alle azioni malavitose è giustificato da chi le opera, ma anche il sostentamento ad “una certa mentalità” ha una base popolare molto ampia. Ad indagare in questo solco di vita e di pensiero sono stati molti film, non ultima l’altra pellicola in concorso a Venezia quest’anno dedicata alla ndrangheta, Anime Nere di Francesco Munzi.
Ma se nel film di Munzi siamo trasportati dalla tesa narrazione dei fatti famigliari e della faida tra fazioni, nel caso di Belluscone. Una storia siciliana di Franco Maresco ci troviamo di fronte ad una abile docu-fiction, potente, scanzonata, realistica e terribilmente seria nel suo essere smaccatamente comica e grottesca. Da quando Ciprì e Maresco hanno preso vie diverse il processo di separazione ha dato ad ognuno dei due registi una impronta autoriale propria, ma con evidenti lasciti del percorso produttivo precedente. La sicilianità, il grottesco, l’osceno, la provocazione, la bruttezza dei volti e dei luoghi, questa è stata dal 1995 in poi la cifra stilistica dei due registi siciliani.
Ma “Belluscone” va oltre questo, si tratta di una pellicola di ampio respiro, un ibrido tra l’inchiesta giornalistica d’assalto, il documentario antropologico, la fiction e il cinema trash. La materia di cui tratta è grave, densa di misteri e adombrata di risposte non date. Tutto il film ruota intorno al rapporto tra Berlusconi e la mafia, andando sul dettaglio dell’amore del popolo di Brancaccio per l’ex Capo del Governo. Maresco, palermitano attivo da anni anche nella cultura della sua città, può indagare e muoversi tra  le feste di strada che si fanno di fronte alla casa dei boss, il mondo dei neomelodici napoletani organizzati dal pregiudicato Ciccio Mira, può intervistare il collaboratore di giustizia Gaspare Mutolo e il pregiudicato Marcello Dell’Utri, coinvolgere Ficarra e Picone e fa raccontare il tutto da Tatti Sanguineti. Strano questo film, che mostra agli occhi di oggi il trentennio berlusconiano appena trascorso, lasciandoci tristezza e amaro per quanto pensavamo di aver fatto nella lotta alla mafia e che, a quanto pare, non è stato sufficiente a debellarne la mentalità.
 
Simone Agnetti
 
 
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