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HILL OF FREEDOM   versione testuale
di HONG SANGSOO

Nella ricca produzione sudcoreana spicca l'opera del regista Hong Sang-soo. Dal suo esordio nel 1996 con il premiato The Day a Pig Fell into the Well la sua opera si distingue per il lavoro di smontaggio e ricostruzione dello spazio e dei tempi del racconto filmico.
Questo è il caso di Hill of Freedom, film presentato in Orizzonti a Venezia, nel quale il gioco di mescolamento dei piani del racconto è matrice per costruire il carattere dei personaggi. Il regista rinuncia alla consequenzialità temporale dei fatti narrati preferendo collocare i suoi protagonisti in episodi che richiamano le altre situazioni narrate, ma senza essere direttamente collegate tra di loro.
Il giapponese Mori torna a Seoul per ritrovare l'amata Kwon, che non vede da due anni. Nella sua attesa vive alcune curiose avventure in città, che racconta in una lettera a Kwon, nella speranza che questa possa leggerla e raggiungerlo. Kwon fa cadere accidentalmente le pagine della lunga lettera, smarrendo così il loro ordine cronologico.
Nel leggere gli accadimenti in questo nuovo ordine anche lo spettatore è accompagnato, da un episodio all'altro, a scoprire i fatti. Breve e minimalista il film ci delinea, in poco più di un'ora, le figure protagoniste di questo racconto amoroso, un mondo fatto di piccoli ricordi e fatti, disposti su un tavolo come in un puzzle non ancora compiuto.
Hong Sang-soo mostra con sapienza allo spettatore la soggettività del tempo, l'inganno della memoria e la finzione delle tecniche narrative. Il lavoro di Know nel tentare di ricostruire i fatti narrati da Mori porta ad attendere e immaginare una soluzione finale che spieghi e riordini tutto. In quell'attesa la mente dello spettatore è costretta ad elaborare una propria ricostruzione dei fatti, che diviene così soggettiva e personale.
 
Simone Agnetti
 
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