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HUMAN   versione testuale
di YANN ARTHUS-BERTRAND

Centonovanta minuti consacrati ai volti e ai racconti di persone che incarnano luoghi, culture, lingue, religioni diverse. Un documentario dedicato alle domande che da sempre accompagnano la riflessione filosofica dell’uomo. Il noto regista e fotografo francese Yann Arthus-Bertrand non esita però ad affermare che Human è anzitutto un film politico, dedicato a mettere in luce i mali e le ingiustizie del nostro tempo a partire dalle parole di chi non ha voce (ma anche da figure autorevoli e rappresentative come Pepe Mujica).
Ci troviamo sicuramente di fronte ad un’opera complessa e ambiziosa, frutto di un lavoro “sul campo” durato tre anni durante i quali, supportato da un team di giornalisti e collaboratori, Arthus-Bertrand ha girato il mondo intervistando 2020 individui di 60 diversi paesi. Le domande erano sempre le stesse, tanto per i soldati di guerra (israeliani, palestinesi o americani che fossero) che per gli agricoltori sfruttati di terre remote o per gli studenti occidentali. Alcune di queste: che cos’è per te la felicità? Hai paura di morire? Che cosa ci rende liberi? Qual è il tuo messaggio per gli abitanti del pianeta?
Tra gli intervistati c’era anche Bill Gates – racconta il regista durante la conferenza stampa al Lido – ma il suo contributo non è stato poi inserito nel documentario perché non svelava alcuna esperienza personale e intima. Le persone che compaiono nella pellicola si raccontano infatti senza filtri, facendo appello alla loro storia di vita, così vera e al tempo stesso così particolare. Consapevoli e istruiti rispetto al progetto del regista, i protagonisti di questo docu-film colgono l’occasione per condividere le loro gioie, confessare un dramma o lanciare appelli a governi e istituzioni.
Netto ed efficace è il contrasto estetico tra l’inquadratura fissa dei volti e le immagini aeree, in movimento, che intervallano di tanto in tanto le interviste: immagini di luoghi o scenari sconfinati, dai contorni indefiniti, che ci proiettano entro una dimensione di contemplazione spettacolare, di Bellezza immanente.
Dopo il successo di Home, il regista quindi presenta a Venezia un film impegnato che vuole portare qualsiasi spettatore a fermarsi e ad interrogarsi rispetto alla questione che percorre l’intera opera: qual è la missione degli esseri umani oggi?
La prospettiva etica di Arhus-Bertrand traspare dalla selezione e dalla disposizione stessa delle interviste, che si aprono e si chiudono parlando di amore e di accoglienza. Difficile risulta fare ordine rispetto alle questioni affrontate, che sono numerosissime ed estremamente complesse: dalle guerre al cambiamento climatico, dall’omofobia alla disuguaglianza sociale, dall’immigrazione al rifiuto della diversità. D’altra parte vi è in gioco la complessità del mondo globalizzato.
 
 (M.M.)
 
 
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