Dopo «Somewhere» di Sofia Coppola e «La Passione» di Carlo Mazzacurati anche «Road to Nowhere» di Monte Hellman è ambientato nel mondo del cinema, con un giovane regista di Hollywood alle prese con un film, intitolato appunto «Road to Nowhere», una crime story sulla frode fiscale di un vecchio politico e di una giovane donna, di cui vediamo le riprese sul set e lo sviluppo in immagini della sceneggiatura in parallelo con una quotidianità che aggroviglia finzione e realtà legando a doppio filo le persone coinvolte nella produzione, dagli attori ai consulenti, allo stesso regista. Il gioco di specchi tra verità e fantasia, però, non riesce a coinvolgere: «Road to Nowhere» non è né un saggio metalinguistico sul potere manipolatore delle immagini né, al di là di qualche sporadica battuta pungente, una parodia sullo star system hollywoodiano. Il racconto, sbandando dentro e fuori dal plot, non trova un baricentro narrativo plausibile, risultando freddo e inadeguato anche nei suoi risvolti noir, e anche la love story che unisce il regista e la sua protagonista, pur determinante per il finale del film, non riesce a suscitare empatia nel pubblico, tenuto troppo a distanza dai fatti. E così il destino dei personaggi di «Road to Nowhere» anziché incuriosire, lascia lo spettatore pericolosamente indifferente.