Proprio in un periodo in cui ci si appresta a festeggiare i 150 anni dell’Unità d’Italia su più fronti e con le iniziative più disparate è presentato in concorso “Noi credevamo” di Mario Martone. Il regista ha alle spalle molta esperienza teatrale, cosa che si nota nella scelte registiche e nella cura di luci e ombre, tanto nella fotografia quanto nel gioco di chiaroscuri sui volti nei primi piani, mai banali e sempre significativi. Un racconto che ripercorre gli anni che vanno dal 1824 all’Unità d’Italia, sognata dapprima indipendente e ottenuta solo sotto la bandiera dei re di Savoia. La scelta è quella di raccontare storie reali, vere, tratte dai racconti di patrioti che non si studiano sui libri di storia, ma che la storia della nostra nazione l’hanno fatta, segnata, percorsa e talvolta sognata, senza vederla realizzata. Salvatore (Luigi Pisani), Domenico (Luigi Lo Cascio, da adulto) e Andrea (Valerio Binasco, da adulto) sono i protagonisti di un film che dura 204 minuti ma che mantiene il ritmo e l’interesse quasi come le miniserie televisive e, forse, questo sarà lo sbocco che avrà la pellicola di Martone; non va sottovalutata la presenza di Rai Fiction tra i produttori. Accanto ai protagonisti della pellicola fanno la comparsa ovviamente i grandi che si studiano a scuola e che del Risorgimento sono indicati come i fautori da Mazzini (interpretato da Toni Servillo) a Crispi (Luca Zingaretti), senza dimenticare Garibaldi che rimane un’ombra, osannata dalle camicie rosse. “Noi credevamo” è un film in concorso che racconta la storia d’Italia, forse per questo è difficile che ne esca vincitore, racconta la storia di quell’Italia sognata come libera e democratica, lontana dai giochi di potere. Molte frasi (anche qui l’importanza dell’esperienza teatrale si sente) pesano come macigni anche per gli italiani di oggi e la conclusione suona come un monito, ancora attuale. “Noi credevamo” le ultime parole del film di Martone e forse, per fortuna, nel nostro paese molti anonimi ci credono ancora.