Una prova di difficile intepretazione, quella che Vincent Gallo firma a Venezia con il suo "Promises written in Water". Un‘opera incentrata sul personaggio di Kevin (interpretato in maniera controversa e piuttosto narcisistica dallo stesso Gallo), che decide di collaborare con una funeral director per prendersi cura del corpo di una giovane ragazza malata terminale che rinuncia alle cure, si rassegna al suo destino e chiede di essere cremata. L’attore, che è anche scrittore, produttore e regista del lungometraggio, realizza un nevrotico film d’autore, eccentrica miscela tra realismo e romanticismo, insistendo un po’ troppo su un certo cinema di nicchia, si stacca dai codici narrativi in vigore a Hollywood, gioca su un uso estremo e fastidioso della ripresa, sceglie una fotografia irrealistica e dei dialoghi poco originali. Stravagante e anticonformista per natura, Vincent Gallo realizza ancora una volta un film tutto suo, provocante e discutibile, che - lungi dall’essere un‘analisi o una riflessione sulle situazioni o le scelte che ci coinvolgono sul piano sociale o affettivo - si delinea piuttosto come ritratto esistenziale dai contorni narrativi vuoti. Quasi a comporre un quandro di insieme fatto di insicurezze, ossessioni e timidezze, azzardano una forma cinematografica che non convince e non suscita alcuna emozione. Marianna Ninni