Sbarca al Lido il maestro, Ermanno Olmi, con il suo ultimo film Il villaggio di cartone, fuori concorso. Linfortunio ad una gamba, che lha costretto a letto molto tempo, lha spinto a scrivere unaltra sceneggiatura, nonostante avesse detto di non voler più fare film ma solo documentari. Il risultato è una storia di immigrazione, non nuova per la verità in questa edizione del festival, e di accoglienza. Olmi entra in modo diretto e non evasivo la questione dellaccoglienza dei profughi. Lo fa coinvolgendo il cristianesimo, la fede e la chiesa. Lo fa puntando il dito contro chi si inginocchia davanti ai simulacri e disprezza luomo che è in difficoltà. Il Natale di un immigrato, diviene simbolo del natale di Gesù, così come le altre vicende della storia richiamano e strizzano locchio alla storia evangelica. Ma la concretezza non manca. Al centro un prete anziano disperato perché viene privato e spogliato della propria chiesa e della comunità; ma di notte se la ritrova piena di nuovi poveri cristi da amare, soccorrere e accogliere; un nuovo senso alla Chiesa. Forse il racconto appare un po didascalico, ma è chiaro. La scelta registica di non uscire mai dalle mura della chiesa e della canonica aiuta e spinge la visione verso una favola che interroga loggi, chiari i riferimenti alla contemporaneità, e allo stesso tempo si spinge in un hic et nunc indefinito, nel tempo; come è per laccoglienza delluomo.