Thailandia, Bangladesh, Messico: tre paesi visti in una prospettiva particolare, la prostituzione. Eppure anche da quella prospettiva mostrano caratteri diversi che rivelano la complessità del mondo. Alla freddezza delle ragazze in vetrina di Bangkok che ascoltano liPod e chiacchierano mentre vengono scelte e chiamate per numero dalla voce metallica di un microfono, si giunge ai vicoli bengalesi, caotici e sporchi, dove sopravvivere è limperativo quotidiano, fino poi alla spudoratezza delle messicane, che trasformano in esuberanza la disperazione. Ad accomunare tutte, però, è un tentativo di mantenere intatti brandelli danima dopo aver venduto il proprio corpo. La macchina da presa osserva muta e indiscreta, il regista intervista e scruta senza far sentire la sua presenza, le immagini sono forti e destabilizzanti anche senza alcun commento. Stupisce la capacità di realizzare un documentario di questo tipo soprattutto per lo sforzo di ottenere la fiducia di donne e clienti e penetrare persino nella loro camera da letto.