Dopo Respiro e Nuovomondo in Terraferma, il nuovo film di Emanuele Crialese, è ancora il mare a fare da via di fuga, ad essere promessa di speranza e, insieme, luogo di dolore. Fonte di lavoro, dunque di vita, per una famiglia di pescatori di unisola siciliana, con al centro una giovane vedova (Donatella Finocchiaro), un figlio ventenne (Filippo Pucillo) e uno zio (Beppe Fiorello). Ma anche fonte di disperazione, dunque di morte, per i tanti immigrati africani che nel loro viaggio su barconi fatiscenti cercano sulle nostre coste un approdo sicuro, un futuro migliore. Lo sguardo di Crialese si mantiene limpido, visionario ed emozionante nella solidarietà silenziosa che lega la giovane vedova a una naufraga somala che partorisce appena sbarcata, ma Terraferma sfilaccia il suo cuore narrativo in vicende parallele che tolgono al film la necessaria intensità, come larrivo di tre giovani turisti del Nord a cui la famiglia di pescatori affitta la propria casa per lestate. Ci sono tanti, troppi Sud, sembra dirci Crialese, che interroga lo spettatore sul bisogno di seguire la legge del mare, generosa e accogliente, o quella delluomo, che intende vigilare su chi entra in territorio italiano. Ma la rotta scelta per Terraferma non sempre segue una direzione coerente e adeguata.