Un giovane pittore sposato con unattrice di cinema più grande di lui, una coppia di amici, entrambi comparse sul set di un film. Un été brûlant colloca i suoi protagonisti sullo scacchiere dellarte, statica o in movimento, specchio riflettente ma anche deformante di esistenze borghesi annoiate e inquiete. Ma questa dichiarata autoreferenzialità non giova alla pellicola di Philippe Garrel, scandita da troppi momenti stranianti e da dialoghi appesi al filo sottile dellincomunicabilità. I tempi della Nouvelle Vague, così cara a Garrel, sono lontani, per mettere a fuoco le immancabili sospensioni dellanima e le continue intermittenze del cuore non basta una casa-rifugio nel cuore di Roma, né la bellezza rotonda di Monica Bellucci nel ruolo dellattrice di origini italiane, né i riccioli ribelli di Louis Garrel, impermeabile, dietro le sue tele e i suoi pennelli, a ogni suggestione della contemporaneità, prigioniero volontario di un mondo a parte che smorza con fragile indifferenza gli echi del presente. E questa distanza tra ieri e oggi a fare di Un été brûlant un film fuori tempo massimo, ritratto opaco e ancor più decadente del dipinto sbiadito che intende rappresentare.