Fin dai primi fotogrammi, Superstar, secondo film a scendere in concorso alla 69ª Mostra di Venezia, sembra rapportarsi al segmento interpretato da Roberto Benigni in To Rome with love. Come il film di Woody Allen, infatti, la pellicola di Xavier Giannolli racconta la storia di un uomo qualunque, ordinario, banale, travolto allimprovviso, senza apparente ragione, da una enorme popolarità, assediato dai fotografi e assillato dai media, che ne riverberano allinfinito sul web, sui giornali e in tv le immagini rubate sul metrò, al supermercato, per strada, con folle di ammiratori a cercare di strappare, tra gli applausi, un autografo. Nel suo itinerario di ascesa e discesa del successo, Superstar, come To Rome with love, non scioglie lenigma dellescalation divistica di un uomo senza qualità, che per cercare di uscire da una fama soffocante accetta laiuto di una produttrice televisiva (interpretata da Cecile de France), estendendo lo sguardo allinterno delle dinamiche mediatiche di costruzione e dissoluzione della celebrità. Però, nonostante alcuni buoni dialoghi e la convincente prestazione di Kad Merad nei panni dello spaurito protagonista, il film di Giannolli non lascia, sui titoli di coda, spazi profondi di riflessione. Limitandosi ad accumulare situazioni stranianti e procedendo, come da copione, su un binario narrativo obbligato. Senza gli squilli autoriali e le implicazioni psicologiche e sociali di una pellicola analoga, per tema e sviluppo, come Reality di Matteo Garrone.