La sensazione di “già visto” coglie lo spettatore fin dai primi istanti di Low tide (Bassa marea) e si conferma per tutto il film. Emergono alla memoria atmosfere americane televisive che nel corso della proiezione si focalizzano: i Simpson! I Simpson nell’episodio Ogni maledetto Sundance. Lisa compete con Nelson al Sundance Film Festival, il ragazzo primeggia proponendo alla giuria un tedioso film realista indipendente sul suo essere figlio trascurato di una madre disgraziata della provincia americana, in tutto il film si vede Nelson che fa cose da solo. Il film di Roberto Minervini, regista marchigiano trasferitosi nel Texas, non va oltre questo: la solitudine quotidiana di un dodicenne texano figlio di una donna disgraziata.
Girato a basso costo, il film di Minervini è ben lontano dal lavoro di Gianfranco Rosi, un altro regista italiano trasferitosi negli USA e indagatore dell’americanità di provincia. Nel suo splendido Below sea level (Venezia 2008) Rosi mostrava con realismo e ironia la vita dell’America più isolata e provinciale, quella degli ultimi che vivono in accampamenti fuori dalle città.
Chiaro il riferimento di entrambi alla teoria di Zavattini del “pedinamento neorealista”, ma la resa di Minervini risulta essere l’ennesima pellicola indipendente con attori non professionisti fatta con camera a spalla, inquadrature sporche, sfocature e suoni intradiegetici. L’effetto è di un‘autorialità realista pretestuosa, che tristemente strizza l’occhio alla televisione del grande fratello e del reality dove il niente è spiato con insistenza, ma senza l’effetto-spettacolo che ne dà la TV.
Il nostro è un tempo forte, un tempo di crisi che chiede un cinema fatto di bella scrittura e di contenuto, non un cinema perso nell’ennesimo formalismo “indi”, incapace di muovere interesse e compassione nello spettatore.
 
 
 
Simone Agnetti