Interessante opera prima del documentarista e antropologo Alessandro Rossetto nella sezione Orizzonti di Venezia 70. Il Veneto contemporaneo che si districa tra crisi morale e crisi economica è il paesaggio in cui si muovono Luisa, Renata e lalbanese Bilal. I tre giovani sono legati da una storia di amicizia dai toni forti, di sesso, di amore e di ricatto. A fare da sfondo i chiaroscuri famigliari della provincia veneta, cattolica, ricca, industriosa e indipendentista. La sgualcita storia della relazione tra i tre giovani è solo la conseguenza di una diffusa incapacità di gestire il mondo e la vita nella sua vastità, incapacità insita nel tessuto lavorativo adulto, spesso chiuso nel proprio immaginario fisso, in cui limmigrato è sempre un male, anche quando lavora e si integra, in cui lunico modo per migliorare le cose è cercare un passato mitico fatto di soli veri veneti. Colpisce il contrasto tra la realistica vista dallalto della periferia sfilacciata della Pianura Padana, in cui paesi fabbriche e aziende agricole si mescolano in continuazione, e la musica ariosa dei cori alpini che spronano in dialetto ad andare oltre e a saltare il confine. Se la descrizione cinematografica di alcune situazioni di vita quotidiana in Piccola Patria è perfettamente aderente al reale del ricco Nordest, senza concedere nulla a fantasiosi svolazzi romanzeschi, dallaltra parte si sentirebbe il bisogno di portare a termine la storia raccontata, dandole una massa critica maggiore sulla quale appoggiare quanto visto nelle quasi due ore di film. Non sempre il punto di equilibrio perfetto tra realismo e narrazione cinematografica è facile da trovare, anche se nel film di Rossetto ci siamo andati molto vicini.